Il Leone Alato e gli Alberi d’Oro sono stati esposti presso la Cittadella del Cinema durante la 77^ Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.

L’Installazione è promossa dal Consiglio Regionale del Veneto, dall’Unione Montana Spettabile Reggenza dei Sette Comuni, dalla Proloco di Mezzaselva e dall’Associazione NaturalArte.

Il Leone Alato di Marco Martalar e gli Alberi d’Oro di Paolo Ceola sono nati dalle riflessioni sorte in seguito all’evento climatico Vaia del 2018. Il dibattito sul ruolo dell’Arte nel cambiamento epocale in atto è sempre vivo nelle attività dell’Associazione.

Un’installazione itinerante che unisce idealmente i boschi delle montagne venete con i legni sui cui sorge la Serenissima. Un Territorio unico, unito più che mai in questo momento di Rinascita. L’emblema della Serenissima accompagna un messaggio di ecologia profonda che sia di ispirazione per il passaggio epocale verso una vera sostenibilità.

La crisi ecologica che sta sperimentando l’umanità è essenzialmente una crisi culturale.

L’ antropocentrismo è fallito, lasciando spazio ad un nuovo rapporto uomo-natura. La Natura non è speculativa. Si dona incessantemente. Mentre l’uomo prende, domina, manipola. L’Arte ci indica un nuovo equilibrio nell’ecosistema complesso e delicato della Terra, di cui l’uomo è una parte, non il centro.

MARCO MARTALAR e il Leone Alato - area giardini Ex-Casinò

L’emblema storico della Serenissima, attraverso questa installazione itinerante diventa simbolo di Rinascita di un territorio. L’artista crea l’opera assemblando più di 1500 pezzi di schianti e radici divelti da Vaia raccolti nei boschi di Mezzaselva di Roana sull’Altopiano dei Sette Comuni, dove abita.

Il corpo è realizzato con radici e legni sfibrati e rotti dalla furia del vento. La criniera con i rami di abete rosso.La struttura e lo scheletro sono in legno assemblato da viti e fili di acciaio. Pesa 350 kg, è alto 3 metri e lungo 4,70 metri, il più grande leone alato in legno al mondo.

PAOLO CEOLA e gli Aberi d'Oro - Sala Stampa Hotel Excelsior

L’installazione è realizzata dall’artista con materiali provenienti dagli schianti e dai boschi travolti da Vaia. Fanno parte di un progetto che era nato itinerante ma che è stato bloccato dal lock down. Gli alberi d’oro giungono a Venezia portando anch’essi un messaggio di rinascita. La tempesta Vaia ha svalutato economicamente la risorsa “albero” ma ne ha aumentato in maniera esponenziale il valore simbolico e vitale per l’intera umanità. Gli alberi d’oro sono stati esposti al Museo Le Carceri di Asiago dal 27 ottobre 2019 al 2 febbraio 2020 nella personale “Il Senso di Vaia”.

Una camicia marmorea rappresenta la grave crisi che incombe sulla nostra identità territoriale e sociale.

Gli Alberi d’Oro sono meditazioni sulla ciclicità della Vita e le paure ancestrali.

Ci ritroviamo in una dimensione più ampia che ci permette di cambiare prospettiva.

Le Ferite diventano preziosi insegnamenti e la Natura ci parla attraverso il Vento, l’Acqua e persino i virus.

L’uomo nella camicia non c’è più, eppure ha lasciato un segno.

Lascia un simulacro della fallimentare visione antropocentrica degli ultimi secoli, ma ci indica anche una dimensione che abbiamo cancellato dalla nostra coscienza collettiva: la dimensione del Sacro, di ciò che non possiamo definire (per definizione).

In questa dimensione Arte e Natura dialogano e questo dialogo è fertile suolo per la creazione di visioni di Futuro libere dalle visioni del passato.

Un cambio di prospettiva è necessario per riscoprire un’altra identità meno egoica, a livello individuale e collettivo.